Edentulia

Edentulia 

Edentulia completa


Con il termine Edentulia Completa si definisce la perdita di tutti i denti. Questa condizione può essere dovuta a carie destruenti, malattia parodontale, al naturale processo biologico, ed ancora può conseguire ad un danno iatrogeno ovvero essere l'effetto di inadeguati trattamenti odontoiatrici.
Nonostante negli ultimi decenni i sistemi di prevenzione e promozione della salute orale abbiano ridotto in modo significativo la perdita dei denti, il progressivo allungamento della vita contribuisce a mantenere elevato il numero della popolazione edentula.
L’edentulia completa costituisce di fatto una grave condizione mutilante per gli aspetti funzionali relazionali ed affettivi implicati. Relativamente all’entità del fenomeno Douglas et All., nel 2002 presentarono un’analisi delle dimensioni dell’edentulia completa negli Stati Uniti retrospettiva e prospettica su di un arco temporale di circa trent’anni. La stima rilevava un censimento relativo al 1991 di 33,6 milioni di edentuli completi e ne prevedeva un numero pari ed oltre ai 37 milioni nel 2020.
In Italia i dati relativi all’edentulia completa sono rilevabili dalle indagini ISTAT le quali forniscono chiare indicazioni nel nostro Paese sulla dimensione dell’edentulia completa che affligge prevalentemente l’età avanzata e rivelano in modo esauriente, quanto influiscano su di essa, le difficoltà economiche sociali e culturali. 
E’ fisiologico che la quota di persone senza denti naturali aumenti con l’età. Fino ai 44 anni la percentuale è estremamente bassa (0,2%. Tra 45 e i 54 sale al 2,2% e raggiunge il 50,4% negli over 75. La perdita di tutti i denti naturali è più diffusa tra le donne, soprattutto a partire dai 70 anni 52,2% contro il 47,6% degli uomini.
L’ultimo rapporto ISTAT 2015 vs 2013 relativo al censimento della salute dentale riporta numerosi dati utili per definire l’ampiezza del problema: coloro che hanno perso tutti i denti naturali si riducono dal 12,0% al 10,8%. Il dato per la Toscana passa dal 13,1% al 10.9%. Di fatto, questo, l’unico dato positivo dell’indagine.
Infatti, rispetto al 2005, risultano in calo coloro che hanno sostituito completamente i denti mancanti con una protesi totale o con una riabilitazione fissa costituita da una protesi avviata su impianti mascellari (dal 27,2% al 22,9% tra i 65 e i 74 e dal 49% al 44,1% dopo i 75 anni), ma le diseguaglianze sociali nell’accesso alle cure si sono accentuate. Le persone anziane che hanno perduto tutti i denti sono il 17,9%, e tra questi il 41,6% ha un basso titolo di studio. 
L’edentulismo totale diminuisce soprattutto tra gli anziani laureati, passando dal 23,7% al 17,9%; rimane invece stabile nella popolazione anziana diplomata (circa il 24%), in quella che ha raggiunto la licenza media è del 42%. 
Negli anziani edentuli con basso titolo di studio la quota di chi non ha sostituito alcun dente con protesi né impianti è quadruplicata rispetto ai più istruiti. 
L’accesso alle cure odontoiatriche pubbliche tra gli over 75 è del 19,6%.
Questi dati epidemiologici confermano la necessità di mantenere elevate le competenze terapeutiche degli Odontoiatri nell’assistere i pazienti che abbiano perduto tutti i denti e mantiene allo stesso tempo elevata la necessità di un insegnamento adeguato nelle Università relativamente a questo compito formativo nei futuri Odontoiatri. A tal proposito il presidio spesso necessario e addirittura indispensabile nell’assistere questi pazienti è una protesi mobile completa, volgarmente definita dentiera. Questa entra con grande frequenza ed a buon diritto nei piani terapeutici di questi pazienti destinati a ricevere impianti ed una protesi fissa, prima o contemporaneamente all’inserimento degli impianti secondo modalità cliniche decise caso per caso dal terapeuta. 

denti

Protesi mobile completa superiore ed inferiore 

Una protesi mobile totale infatti costituisce spesso un passaggio obbligato nel piano di trattamento di un paziente che ha perduto od andrà incontro alla perdita di tutti i suoi denti. Spesso riceviamo pazienti che da molti anni sono portatori di una protesi mobile che ci chiedono di ricevere un trattamento che consenta loro di avere dei denti fissi. Altre volte riceviamo pazienti che mantengono ancora alcuni denti ma cosi compromessi che non possono essere utilizzati per un progetto di recupero affidabile e che dovranno essere tutti estratti in un prossimo futuro. In queste circostanze saremo noi a costruire una protesi totale completa prima di procedere all’estrazione degli elementi dentali residui ottendo comunque dei buoni risultati estetici e funzionali.

Arcata superiore destinata all’estrazione di tutti gli elemti dentali residui.

Per quanto possa la costruzione e la messa a punto di una protesi totale esser curata, molti pazienti, nonostante un risultato di buona qualità funzionale ed estetica, mal si adattano ad una protesi mobile, percepita comunque come instabile ed estranea al proprio organismo. In effetti il recupero della completa mancanza dei denti, tramite quella che i pazienti conoscono con la poco rassicurante espressione di Dentiera implica oltre ad oggettive difficoltà di ordine meccanico nell’indossarla e spesso anche un rifiuto psicologico legato alla costante consapevolezza della loro mutilazione. La scuola scandinava ha prodotto una consistente letteratura (3,4,5) denunciando la compromissione della vita di relazione negli edentuli che va dalla impossibilità di partecipare alla convivialità di un pranzo, di una cerimonia con i propri amici fino ad una vera e propria ferita della propria intimita ed integrità psico-fisica, giungendo fino alla impossibilità di guardare se stessi e la propria bocca edentula in uno specchio. Una menzione a parte riguarda la sfera affettiva pesantemente mortificata dalla perdita di tutti denti. A questo deve associarsi la situazione economica nazionale ed internazionale che viene a costituire un altro importante fattore discriminatorio verso l’accesso alle cure considerando anche il grave di sensibilità che il Servizio Sanitario Nazionale mostra nei confronti di questa fragile e peraltro numerosa schiera di pazienti. 

L'implantologia diventa quindi in questo ambito riabilitativo l'alternativa per eccellenza, in quanto permette il ripristino totale della funzione masticatoria con denti fissi. Tale protesi completa con impianti, è conosciuta come "Toronto Branemark Bridge" e prevede secondo il protocollo svedese originale, l'inserimento di un numero adeguato di impianti nelle arcate ed in posizioni idonee tali da sostenere meccanicamente la successiva protesi fissa ed il relativo carico masticatorio (almeno 6 nell’arcata superiore e 5 nell'inferiore). Relativamente al numero di impianti che sono necessari per soddisfare le condizioni meccaniche utili ad applicare su di essi una protesi fissa, negli ultimi anni è venuta a mancare la consueta chiarezza. Come detto poco sopra il protocollo svedese originale recita testualmente:

nell’arcata superiore “almeno sei impianti nell’area della premaxilla, ovvero l’area ossea compresa tra i seni mascellari da entrambi i lati”

nell’arcata inferiore “cinque impianti nella regione del mento, entro i limiti anatomici determinati dal nervo mentoniero”.

Queste sono le indicazioni vorremo dire “archetipiche” che tutti gli operatori della prima ora hanno sempre seguito mantenendo il loro risultati costantemente nell’ambito delle percentuali di successo altissime proprie della disciplina, vale a dire il 99% per la Toronto Bridge del superiore e il 95% per la Toronto Bridge del superiore ad oltre venticinque dal trattamento. Quale sia il distretto anatomico da riabilitare superiore o inferiore infatti, l'elemento comune sono le altissime percentuali di successo proprie di questo trattamento, relativamente al risultato clinico ed al recupero psicofisico che ne consegue.

Tuttavia circa quindici anni fa ad opera di un gruppo di professionisti Portoghesi, diretti dal dottor Paul Malò, venne proposta una riduzione del numero di impianti rispetto al protocollo originale con la supposta intenzione di semplificare il trattamento stesso. Prese cosi vita il concetto “All On Four” che limitava l’inserimento a quattro impianti sia nel mascellare superiore  che inferiore per una riabilitazione protesica fissa tipo “Toronto Bridge”. (6)

In realtà molti anni prima, circa venticinque anni fa, Branemark assieme ad altri ricercatori di primissimo piano, dimostrò effettivamente la possibilità di limitare a quattro il numero di impianti da inserire in entrambe le arcate per la soluzione dell’edentulia completa.(7) La grande differenza tra l’enunciato di Branemark e le proposte del gruppo “Malò” risiedono nel fatto che in questo studio Svedese era consentita la riduzione di numero degli impianti ma solo nel caso che le quantità ossee fossero ridotte e che pertanto non sia possibile inserire un numero di impianti superiore, ma se al contrario, i volumi ossei residui lo consentono, il numero di impianti da inserire deve rimaneva quello del paradigma classico ovvero cinque inferiori e almeno sei superiori.

Numerose sono pertanto le combinazioni terapeutiche le quali conseguono interamente dalle caratteristiche anatomiche dei mascellari superiore ed inferiore relativamente alla disponibilità dei volumi ossei residui ed alla loro forma geometrica.


La letteratura riporta numerosi studi epidemiologici che descrivono il percorso di questi pazienti dalla perdita di tutti i denti all'indossare una protesi mobile fino a riceverne una fissa. Essi raccontano di apprezzare, dopo poco tempo, la protesi fissa come parte integrante della propria bocca; l’efficienza funzionale ed i valori estetici recuperati producono in loro la possibilità di riprendere abitudini e modalità di vita perdute come riassaporare cibi o semplicemente sorridere consentendo così un recupero di ogni aspetto relazionale, compreso il recupero della sfera affettiva. 
Cos’è l’Osteopercezione?
Val la pena di sottolineare un aspetto particolare del recupero funzionale consentito dall’uso degli impianti osservabile in tutti i trattamenti ma in special modo nel trattamento delle edentulie complete grazie all’allestimento di un Toronto Bridge. Branemark notò infatti che dopo pochi anni dal recupero funzionale molti pazienti mostrano la ricomparsa della sensibilità propriocettiva, ovvero sono nuovamente in grado di controllare i fini movimenti mandibolari grazie ad informazioni sensoriali che dagli impianti endossei raggiungono la corteccia cerebrale. Branemark definì “ Osteopercezione” questa recupero di sensibilità
propriocettiva. Questa iniziale intuizione di Branemark è stata confermata da un rilevante numero di ricerche scientifiche. (8)


La Propriocettività è un termine proposto con successo da Sir Charles Scott Sherrington  (27 November 1857 – 4 March 1952) un eminente neurofisiologo inglese del secolo scorso che nel 1932 fu insignito del premio Nobel per I suoi studi sui neuroni. Egli definì la Propriocettività come la capacità di riconoscere la posizione del corpo e dei suoi arti nello spazio a seguito di una contrazione muscolare, senza il supporto della vista. 


personaggio famoso
Se chiudiamo gli occhi e spostiamo una mano dello spazio siamo in grado di sapere dove la mano stessa è collocate rispetto al corpo. Questa è appunto la sensibilità propriocettiva. Questo speciael tipo di sensibilità è dovuto a particolari recettori (propriocettori) presenti nei muscoli, nei tendini,nelle articolazioni e nella cute degli arti. Da essi una volta stimolati dalla contrazione muscolare e dal movimento degli arti nello spazio, impulsi nervosi, come una vera e propria corrente elettrica, si dirigono alla corteccia cerebrale dalla quale parte una risposta motoria, ovvero destinata ai muscoli, che completa a sua volta l’arco nervoso riflesso consentendo la possibilità per l’arto interessato di rispondere con movimenti fini alla stimolazione propriocettiva. (si pensi ai movimenti fini delle dita di una mano).
Nel caso della bocca I propriocettori che informano sulla posizione spaziale delle ossa mascellari, in specie il mascellare inferiore dotato di mobilità rispetto al superiore viceversa immobile,sono situati nel legamento parodontale, uno speciale strato di cellule che separa la radice dei denti dal circostante osso dell’alveolo (la cavità ossea che accoglie il dente).Una volta che i denti sono andati perduti anche i recettori propriocettivi vengono perduti. Pertanto è difficile comprendere come in assenza dei recettori propriocettivi specifici sia possibile dopo pochi mesi dall’inserimento degli impianti endossei, il recupero appunto, almeno in parte, della sensibilità propriocettiva. Si sono fatte a riguardo numerose ipotesi come quella della formazione di nuove fibre nervose intorno agli impianti ma l’argomento è attualissimo ed oggetto di intense ricerche anche in ragione del grande interesse che ha il recupero della propriocettività negli amputati (perdita di una mano, di un arto, ecc).
Se vogliamo adesso scendere negli aspetti più specifici dell’edentulia complete e della sua risoluzione con una Toronto Bridge è necessario prendere in esame i pazienti che possono essere sottoposti a questo trattamento, le sue fasi chirurgiche e quelle protesiche.
Non esistono differenze di genere nel trattamento dell’edentulia completa, preso atto di una maggiore vulnerabilità del sesso femminile di fronte alla perdita di tutti I denti, valgono per entrambii sessi le attenzioni che un terapeuta deve mantenere di fronte a pazienti comunque fragili che necessitano di risolvere una vera e propria invalidità civile. In una visione più ampia del fenomeno “edentulia completa” il terapeuta deve aver ben chiaro che il recupero dell’efficenza estetica e masticatoria si integra in un più alto programma di mantenimento del’autonomia fisica e relazionale di una persona spesso anziana, che è costituito dallintegrità dell’apparato uditivo e visivo e dalla possibilita di camminare in maniera autonoma e non assistita.

Come è intuitivo la perdita di tutti i denti pur potendo colpire pazienti molto giovani, tra i trenta ed i cinquanta anni di vita, si concentra prevalentemente nella quinta, sesta e settima decade di vita dove più alta è sentita l’esigenza di una”buona quaità di vita”

Al riguardo non esiste fortunatamente un limite di età per ricevere un trattamento implantare destinato a ricevere una protesi fissa tipo Toronto Bridge. Numerosi studi della scuola svedese hanno confermato la possibilità di avere risultati eccellenti in pazienti edentuli, uomini e donne, che abbiano superato gli ottanta anni, corrispondenti a quelli ottenibili in pazienti più giovani.

Il trattamento di cui ci occupiamo non ha controindicazioni. Può essere infatti eseguito su ogni persona abbia necessità di riceverlo. Solo infarti miocardici recenti (entro sei mesi) e malattie del sangue che alterino il sistema emocoagulativo, costituisco controindicazioni assolute. Pazienti ipertesi, diabetici e con altre malattie sistemiche possono essre trattati purchè i pazienti vengano opportunamente indagati prima di procedure al trattamento grazie a consulti con gli altri medici specialistici che li stiano seguendo. Grazie ad una attenta peliminare valutazione clinica anche pazienti sottoposti a trattamenti chemioterapici che in passato venivano esclusi dal trattamento implantare oggi posono essere trattati con successo. Buona norma anche in pazienti completamente sani è comunque quella di assisterli durante la fase chirurgica da un Anestesista che oltre a controllare la normale ansia assicura un controllo costante dei parametri biomedici essenziali quali pressione e concentrazione arteriosa dell’ossigeno. 



Nel terzo tempo della vita, oltre i settanta anni, non è raro imbattersi in fenomeni di grave osteoporosi sistemica. A riguardo una premessa è d’obbligo. Non esiste una correlazione tra la gravità di un impoverimento con successiva fragilità, della parte minerale delle ossa del bacino e della colonna vertebrale con le ossa mascellari. Questo significa che se un esame densitometrico quale è la MOC che normalmente indaga lo stato di mineralizzazione delle ossa della colonna vertebrale del bacino e del femore , rivela uno stato di grave osteoporosi in queste sedi, non significa che le ossa mascellari siano altrettanto osteoporotiche, anzi spesso accade che mascellari gravemente atrofici mostrino una particolare densità dell’osso residuo che costituisce un indicatore prognostico altamente favorevole.
Gravi stati di osteoporosi che si traducono in una densita ossea molto bassa con conseguente difficoltà nell’ottenere una valida stabilità meccanica degli impianti possono tuttavia riscontrarsi nelle ossa mascellari di pazienti edentuli che siano stati sottoposti precedentemente a pesanti e protratti trattamenti con corticosteroidi per malattie sistemiche o per asma grave. Friberg nel 2001 (11)seguì alcuni pazienti con queste caratteristiche. Esattamente 16 pazienti seguiti per oltre tre anni nei quali erano stati inseriti più di settanta impianti. Le sue conclusioni furono che una chirurgia attenta ed un raddoppiamento dei tempi di attesa prima di applicare i carichi masticatori, portavano a valori di successo identici a quelli consueti in pazienti senza questo tipo di problema.
Un discorso aparte deve essere rivolto al fumo.
Il fumo costituisce una controindicazione al trattamento implantare in termini generali, incluso il tattamento dell’edentulia completa. Da molti anni è nota l’influenza negativa del fumo, confermata da numerosi recenti studi, su ogni fase del percorso implantare, dalle guarigioni tessutali immediatamente successive all’inserimento implantare fino a significativi riassorbimenti dell’osso perimplantare a distanza di anni dal trattamento. (12,13,14)

La fase chirurgica

La chirurgia dell’edentulia completa è uno dei momenti più consolidatimdell’intero trattamento. La modalità classica prevede un accesso diretto sotto il controllo visivo dell’operatore dei limiti anatomici nervosi, vascolari compresi i confini dei seni mascellari e delle cavità nasali nel mascellare superiore. Per questo motivo sia nella chirurgia del mscellare superiore che della mandibola sono necessari lembi di accesso cossidetti “a pieno spessore” e sopratutto ampi. Negli anni recenti sono state proposte tecniche di accesso chirurgico senza apertura di lembi con inserimento diretto degli impianti attraverso piccoli fori praticati nella gengiva. Attualmente la maggioranza degli operatori continua a seguire il metodo classico perchè consente una visione diretta e pertanto più sicura dell’area chirurgica da trattare.L’approccio classico al trattamento chirurgico dell’edentulia complete superiore ed inferiore corrisponede al cosidetto ”Two Steps” ovvero un trattamento in due fasi. Nella prima si procede all’inserimento degli impianti e solo dopo alcuni mesi, classicamente sei nel mascellare superiore e quattro nel mascellare inferiore si procede all’applicazione delle protesi dentarie.Per un operatore esperto la fase chirurgica che si conclude con l’inserimento degli impianti richiede circa quaranta/cinquanta minuti. La relativa sutura necessita di ulteriori dieci/quindici minuti.


Il carico “immediato”

Da molti anni si sono affermate tuttavia modalità diverse che prevedono immediatamete dopo l’inserimento degli impianti, l’immediata applicazione delle protesi dentarie ovviamente fisse, cosiddetto appunto “carico immediato”.

La storia del carico immediato risale a molti anni indietro ed è parallela al percorso dell’intera implantologia per il comprensibile desiderio di recuperare quanto più rapidamente I valori masticatori ed estetici. Attualmente è una pratica molto diffusa e certamente affidabile nelle mani di operatori esperti. E’ tutavia fondamentale per comprendere l’esatta natura del “carico immediate” sapere che il parametro essenziale che consente di applicare i denti immediatamente dopo l’inserimento degli impianti è rapresentato dalla QUALITA’ OSSEA.  Questa può essere molto buona ovvero esprimere una DENSITA’ ELEVATA (cosidetto “osso denso”) grazie alla quale il chirurgo può ottenere facilmente una ALTA STABILITA’ MECCANICA degli impianti inseriti che a sua volta consente l’applicazione immediata dei denti. Oppure la qualità ossea può essere modesta, espressione di una DENSITA’ BASSA (cosidetto “osso soffice”) il che può rendere difficile l’ottenimento di una sicura stabilità meccanica e che rende pertanto opportuno attendere alcuni mesi grazie ai quali si otterrà un miglioramento della stabilità implantare, prima di applicare I denti.

Il concetto di DENSITA’ OSSEA in implantologia è fondamentale. Una classificazione proposta nel 1982 da Lekholm e Zarb individua quattro classi di densità ossea ai fini implantari. Dalla prima classe con densità elevata passando dalla seconda e dalla terza con densità sempre minore si giunge alla quarta classe con densità molto bassa.


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La Qualità Ossea secondo Lekholm e Zarb, 1982   

E’ intuitivo che la stabilità implantare iniziale, (Cosidetta STABILITA’ PRIMARIA) di fatto un fenomeno esclusivamente meccanico dipendente dalla sola esperienza del chirurgo sia più facilmente ottenibile in un osso ad alta densità mentre viceversa risulta più difficile ottenere una eccellente stabilità iniziale in osso a bassa densità. Deve essere ribadito che con il trascorrere del tempo nuovo osso si formerà attorno alle spire dell’impianto in Titanio grazie allo straordinaro fenomeno biologico dell’osteointegrazione fornendo una definitiva, migliore e sicura STABILITA SECONDARIA’.

Poichè non esiste nessun esame radiologico o di altro genere che permetta prima dell’intervento di conoscere le caratteristiche di densità ossea del distretto che deve essere trattato, la decisione di applicare immediatamente i denti dopo l’inserimento degli impianti è una decisione che il chirurgo deve assumersi sotto la propria responsabilità solo dopo essersi accertato che la stabilità implantare ottenuta sia cosi alta da consentire un carico masticatorio immediato

Questo a sua volta significa ovviamente che il cosiddetto carico immediato non può essere garantito prima dell’intervento in quanto non essendo possibile conoscere i valori di stabilità implantare che si otterranno, non è possibile prevedere la loro conseguente effetiva competenza meccanica nel sostenere immediatamente i carichi masticatori che possono giungere e superare in area molare il valore di 40 chilogrammi su centimetro quadrato.


La prima vera indagine statistica relative alla possibilità di eseguire un carico immediato con elevati standard qualitativi è del 2006. Più di quindici anni fa i dati scientifici ritenevano possibile il carico immediato ma ne raccomandavano un approccio molto prudente.(15)

"Sebbene sia possibile caricare con successo gli impianti orali immediatamente dopo il loro posizionamento in mandibole di adeguata densità ossea e altezza di pazienti accuratamente selezionati, non è ancora noto quanto sia prevedibile questo approccio".

 “While it is possible to successfully load oral implants immediately after their placement in mandibles of adequate bone density and height of carefully selected patients, it is yet unknown how predictable this approach is.”


L’anno successive, nel 2007, basandosi su di un ulteriore numero di dati i Ricercatori della Cochrane Library, il più accreditato centro mondiale di studi statistici per la medicina produsse un secondo articolo (16)nel quale si confermava la possibilità dei seguire un carico immediate ma si sottolineava decisamente l’importanza dell’esperienza dell’operatore giungendo ad affermare che non tutti I medici sono in grado di eseguirlo e che un requisito essenziale è la più alta stabilità meccanica iniziale


“È possibile caricare con successo gli impianti dentali immediatamente o subito dopo il loro posizionamento in pazienti selezionati. Sebbene non tutti i medici possano essere in grado di ottenere risultati ottimali caricando immediatamente l'impianto. Un alto grado di stabilità primaria dell'impianto (alto valore di coppia di inserzione) sembra essere uno dei prerequisiti per una procedura di successo.

Sono necessari più studi clinici randomizzati ".


 “It is possible to successfully load dental implants immediately or early after their placement in selected patients. Though not all clinicians may be able to achieve optimal results when loading the implant immediately. A high degree of primary implant stability (high value of insertion torque) seems to be one of the prerequisites for a successful procedure.

More randomized clinical trials are needed.”

Due anni dopo, nel 2009, gli stessi Autori pubblicano un terzo articolo (17). In questo oltre a confermare le precedenti raccomandazioni si sottolineava che il carico immediato ha percentuali di fallimento maggiori del carico classico eseguito dopo alcuni mesi (Two Steps) e che se si è deciso di farlo è necesario eseguirlo nel tempo più breve possibile

“È possibile caricare con successo gli impianti dentali immediatamente o subito dopo il loro posizionamento in pazienti selezionati, sebbene non tutti i medici possano ottenere risultati ottimali. Non è chiaro se sia utile evitare i contatti occlusali durante la fase di osteointegrazione. Le tendenze suggeriscono che gli impianti caricati immediatamente falliscono più spesso di quelli caricati convenzionalmente, ma meno comunemente di quelli caricati precocemente. Se un medico desidera caricare gli impianti in anticipo, potrebbe essere più saggio caricarli immediatamente (entro 1 settimana) piuttosto che aspettare 1 o 2 mesi. Un alto grado di stabilità primaria dell'impianto (alto valore di coppia di inserzione) sembra essere uno dei prerequisiti per una procedura di carico immediato / precoce di successo. Sono necessari RCT più ben progettati "

 “It is possible to successfully load dental implants immediately or early after their placement in selected patients, though not all clinicians may achieve optimal results. It is unclear whether it is beneficial to avoid occlusal contacts during the osseointegration phase. Trends suggest that immediately loaded implants fail more often than those conventionally loaded, but less commonly than those loaded early. If a clinician wishes to load the implants early, it might be wiser to load them immediately (within 1 week) rather than waiting for 1 or 2 months. A high degree of primary implant stability (high value of insertion torque) seems to be one of the prerequisites for a successful immediate/early loading procedure. More well designed RCTs are needed”

L’ultima recensione statistica della Cochrane Library a firma di Esposito un medico svedese di origini napoletane, è del 2013. (18) In questa pur ribadendo un mai sufficientemente ascoltato invito alla prudenza, si afferma un dato importante, ovvero che non sembrano esserci differenze di risultato con defferenti tempi di carico. L’elemento determinante a tal fine è un valore di stabilità implantare iniziale molto alto-

 “Nel complesso non c'erano prove convincenti di una differenza clinicamente importante nel fallimento della protesi, nel fallimento dell'impianto o nella perdita ossea associata a diversi tempi di carico degli impianti. La qualità dell'evidenza è valutata come molto bassa a causa del rischio elevato e poco chiaro di bias degli studi primari e vi sono alcune prove di segnalazione di bias, quindi i medici dovrebbero trattare questi risultati con cautela. Un valore elevato di torque di inserimento (almeno 35 Ncm) sembra essere uno dei prerequisiti per una procedura di caricamento immediato / precoce di successo. Sono necessari RCT più ben progettati

“Overall there was no convincing evidence of a clinically important difference in prosthesis failure, implant failure, or bone loss associated with different loading times of implants. The quality of the evidence is assessed as very low due to high and unclear risk of bias of primary studies and there is some evidence of reporting bias so clinicians should treat these findings with caution. A high value of insertion torque (at least 35 Ncm) seems to be one of the prerequisites for a successful immediate/early loading procedure. More well‐designed RCTs are needed”


La fase Protesica 

La fase protesica prevede generalmente la costruzione di un provvisorio in resina a cui fa seguito la costruzione di un manufatto definitivo, il Toronto Bridge vero e proprio. Il primo dispositivo protesico che viene allestito è costruito generalmente nel giro di poche ore e puo far seguito all’inserimento dell’impianti secondo i concetti di carico immediato oppure può essere allestito dopo i mesi di attesa decisi dal chirurgo per l’affermarsi dei processi biologici di nuova formazione ossea. In entrambi i casi questo tipo di ponte così come il successivo definitivo viene avvitato su di un dispositivo cilindrico in titanio che attraversa la gengiva andando sua volta ad avvitarsi all’ìmpianto , cosidetto abutment protesico. Quando il terapeuta decide che le condizioni biologiche e meccaniche sono ormai mature per la costruzione del ponte finale vengono prese le impronte sugli abutment che si interpongono definitivamente tra impianto e ponte protesico (Toronto Bridge). Successivamente, dopo circa una settimana, verranno raccolte le dimensioni geometriche che il ponte dovrà avere rispetto all’arcata antagonista superiore od inferiore a seconda dei casi, o relative ad entrambe le arcate nel caso si stiano trattando contemporaneamente. Dopo pochi giorni sarà il momento di una prova estetiva e funzionale con dei denti appoggiaggiati a supporti in cera. Nel successivo terzo incontro sarà quindi la volta della struttura in titanio che costituisce la parte meccanica e più preziosa dell’intero manufatto.



Attualmente questa struttura è costruita mediante Sistema CAD CAM ovvero viene prodotta in speciali centri di fresaggio del Titanio con macchine ad altissima precisione. In effetti a questa struttura è richiesta un assoluta precisione nel contatto con gli abutment ai quali dovrà essere poi avvitata.Il punto essenziale nel rapporto tra la parte meccanica del Toronto Bridge e gli abutment che la separano dagli impianti risiede nella necessità di un contatto contemporaneo tra la struttura stessa e tutti gli abutment sui quali questa è costruita. Qualsiasi imprecisione si tradurrebbe in un carico meccanico scorretto e spesso eccessivo su uno o più degli impianti sottostanti. Il quarto appuntamento prevede la consegna del manufatto completo dei denti.


bocca

Spesso si è discusso sulla natura dei denti che devono essere applicati alla struttura. La modalità classica di trattamento prevede la costruzione di Toronto Bridge con denti in resina. L’utilizzo della ceramica deve essere evitato nella costruzione di arcate complete come nel caso appunto dell’edentulia completa. La necessità di accomodamenti relative ai contatti con l’arcata antagonista richiede un materiale che si lasci plasmare come la resina mentre la ceramica essendo troppo dura non lo consentirebbe dando origine ad una distribuzione delle forze masticatorie non controllata. Un aspetto importante è costituito dal fatto che venga mantenuto uno spazio tra Toronto Bridge e gengiva sottostante sufficiente al passaggio dei dispositivi di igiene orali dei quali il protagonista è senza dubbio lo scovolino interdentale che verrà scelto nella misura adeguata settore per settore.

Bibliografia edentulia completa 

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J Prosthet Dent. 1998 Jan;79(1):17-23.


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15)Esposito M, Worthington HV, Coulthard The Cochrane Library 2006 Issue 2 Interventions for replacing missing teeth: different times for loading dental implants


16)Esposito M, Grusovin MG, Willings M, Coulthard P, Worthingt

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17)Esposito M., Grusovin MG,Achille H, Coulthsd P, Worthington HV. Cochrane Database 2009 Jan 21)Interventions for replacing missing teeth: different times for loading dental implants.

18)Esposito M., Grusovin MG,Achille H, Coulthsd P, Worthington HV. Cochrane Database 2013 Mar 28;3:10. Interventions for replacing missing teeth: different times for loading dental implants



Edentulia latero parziale superiore

L a perdita dei denti nella parte posteriore della bocca è molto frequente. Molte persone nel corso della vita vanno incontro alla perdita di uno più denti della parte dedicata alla masticazione, vale a dire con il canino ancora presente sono andati perduti uno od entrambi i premolari ed anche i molari. Nel 1923 Eduard Kennedy suddivise la perdita dei denti in quattro classi. 
Nella prima classe comprese l’assenza bilaterale di tutti i denti posteriormente al canino 
Nella seconda comprese la perdita da un solo lato di tutti i denti posteriormente al canino  
Nella terza comprese la presenza di uno spazio edentulo dopo il canino con almeno un dente posteriore allo spazio vuoto
Nella quarta classe comprese la perdita dei denti nel tratto anteriore. 
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Le prime tre classi di Kennedy sono pertanto considerate Edentulie Latero Posteriori.
Non esistono dati epidemiologici che ci consentono di stimare l’entità numerica di questo tipo di edentulia nella popolazione ma la pratica clinica quotidiana la rivela molto frequente in ogni fascia di età influendo su di essa gli stessi fattori socioeconomici che condizionano l’edentulia completa.
Le modalità con la quale questa può essere risolta con la presenza di nuovi denti consentendo il recupero masticatorio sono due. 
La prima e più semplice possibilità è data dalla costruzione di una protesi rimovibile cosiddetta “scheletrata”8 che trova ritenzione sui denti anteriori residui grazie a ganci metallici. Questa soluzione presenta numerosi vantaggi. E’ poco costosa. Non necessita di nessun intervento chirurgico, nemmeno di un’anestesia locale. Con delle semplici impronte e due appuntamenti per le necessarie prove di precisione del manufatto può essere consegnata. Un primo suo peraltro ovvio limite, è rappresentato dal difetto estetico relativo ai ganci in metallo che stabilizzano questo tipo di protesi ai denti anteriori. Un secondo limite è rappresentato dal fatto che rimane comunque un dispositivo rimovibile al quale deve essere concessa una seppur minima instabilità durante gli atti masticatori. Questi limiti tuttavia, non devono escludere lo scheletrato a priori dal piano di trattamento in quanto il bilancio tra vantaggi e svantaggi deve essere attentamente valutato tra terapeuta e paziente di volta in volta e può in più circostanze, far cadere su di esso la scelta terapeutica.
La seconda modalità con la quale può essere risolta l’Edentulia Latero Parziale è legata all’impiego degli osteointegrati. 
Storicamente il trattamento implantare dell’edentulia latero parziale segue di pochi anni il primo trattamento dell’edentulia completa avvenuto nel 1965. E’ infatti nel 1969 che su imput del Dipartimento di Parodontologia dell’Università di Goteborg, il gruppo diretto da Branemark decide di estendere l’uso degli impianti in pazienti alle edentulie parziali. 

Le immagine radiografiche del primo trattamento di una edentulia latero parziale superiore con impianti


Tutti i pazienti possono essere sotto posti ad un trattamento con impianti nel settore posteriore. Le controindicazioni sono le medesime che abbiamo esposto per il trattamento dell’edentulia completa. Esistono studi che confermano la possibilità di ricorrere a trattamenti implantari per questa motivazione in pazienti che abbiano superato gli ottanta anni.(1)
L’unica condizione che deve essere attentamente valutata e che realmente condiziona la scelta terapeutica è costituita dalla QUANTITA’ di osso disponibile per l’inserimento degli impianti. Restando fermo il valore della QUALITA’ ossea che condizionerà il comportamento del chirurgo nella fase chirurgica propriamente detta, nei settori latero parziale l’importanza di un’esatta conoscenza della dimensione quantitativa dell’osso disponibile è di valore dominante in quanto non raramente in questo distretto può risultare ridotta ed apparentemente insufficiente per un trattamento convenzionale. Le indagini radiologiche necessarie per questo tipo di valutazione sono in primo luogo l’ortopantomografia , la cosidetta “panoramica” che consente una visione d’insieme ed una identificazione immediata dei più importanti limiti anatomici come il nervo alveolare inferiore nell’arcata inferiore e l’estensione dei seni mascellari e la loro areazione nel mascellare superiore. L’esame endo-orale , quello della” piccola lastrina di uso corrente dal dentista”, nonostante la sua semplicità è di grande aiuto perché oltre a informare sulla posizione dei denti vicini fornisce importanti informazioni sullo stato di salute dell’area da trattare escludendo in essa la presenza di radici residue o di altre sofferenze ossee. 

 
In più questo semplice esame informa sulle condizioni di salute dei denti vicini che devono risultare indenni da infezioni al loro apice. Sappiamo infatti che la presenza di infezioni a carico di denti prossimi all’area ossa nella quale devono essere inseriti gli impianti, può interferire negativamente sui fenomeni biologici di nuova formazione di osso a carico degli impianti. In parole più semplici non è consentito inserire impianti in un osso circondato da denti malati. (2)     
A tal fine è necessario curare con opportune devitalizzazioni questi denti oppure estrarli se sono troppo compromessi e quindi procedere all’inserimento degli impianti. 
Il terzo esame obbligatorio per il trattamento del settore latero parziale dell’arcata inferiore e molto spesso necessario per lo stesso trattamento dell’arcata superiore è un esame cosidetto tridimensionale. A mio giudizio l’eseme principe in questo campo di indagine rimane la TAC i cui dati anatomici vengono analizzati e forniti dal programma softwer DENTAL SCAN. Esistono diversi centri radiologici forniti di questo strumento di diagnosi radiologica. E’ mia convinta opinione che un chirurgo implantare orale debba rivolgersi come ogni altro chirurgo, ad uno specialista Radiologo il quale gli fornirà la corretta risposta relativa alle condizioni anatomiche della sede che dovrà essere trattata, sia questa un ginocchio una spalla una colecisti od un mascellare. Il Radiologo, lo specialista della diagnosi radiologica, valuterà le dosi di radiazione ionizzante nonché le migliori posizioni che il paziente dovrà assumere per la raccolta delle immagini e fornirà al chirurgo un parere di “Terzietà” basato sul parere di un collega specialista a tal riguardo. 
Fatte queste precisazioni di ordine generale la raccolta di una Tac dental Scan nell’arcata inferiore ci informa
a) sulla quantità di osso disponibile all’inserimento degli impianti al di sopra il canale alveolare nel quale è contenuto il nervo alveolare inferiore e rispetto al quale è necessario mantenersi a sicura distanza
b) sullo spessore e sulla forma della mandibola soprattutto sul suo versante linguale dove possono essere presenti concavità nelle quali sono accolte arterie e vene che devono essere poste in sicurezza 

Durante l'intervento una “panoramica” non consente di valutare a pieno la forma della mandibola ben visibile invece da un esame tridimensionale che ne rivela la forma concava all’interno


In questo disegno sono ben visibili i vasi sanguigni che corrono all’interno delle concavità linguale della mandibola.


mandibola
 
Relativamente all’arcata superiore la Tac Dental Scan fornisce indicazioni:
a) sullo spessore e sulla quantità di osso utile all’inserimento degli impianti
b) sull’estensione e sulle condizioni di salute dei seni mascellari, ovvero se siano liberi e ben areati oppure siano presenti processi infiammatori sinusutici nonchè sullo spessore della membrana che tappezza la cavità interna dei seni medesimi (membrana di Schneider)
c) informa inoltre sulla presenza di setti intra sinusali e sul decorso intraosseo di alcuni segmenti arteriosi ( arteria alveolo anterale)

Immagini relative al mascellare superiore che rivelano sia la forma e l’entità dei volumi ossei residui sia l’areazione del seno mascellare



Occupiamoci adesso del trattamento dell’edentulia latero parziale superiore.
Il primo paziente è stato trattato a tal riguardo come si già detto nel 1969 ed è stato seguito con successo dal dipartimento di Implantologia dell’Università di Goteborg per circa quindici anni. Da allora questa perdita funzionale ed estetica ha assunto un programma terapeutico completo e definito. Dopo gli esami clinici che dimostrano lo stato di salute dei tessuti nell’area di trattamento e dopo che gli esami radiografici abbiano rivelato adeguate quantità di osso residuo, l’inserimento del numero di impianti necessario costituisce un atto chirurgico molto semplice.

 
Un operatore esperto può inserire i tre impianti che costituiscono il sostegno meccanico ideale nel settore latero parziale in meno di venti minuti. E’ opportuno precisare fin da adesso che tre impianti costituiscono il modello di riferimento ideale perché permettono di ottenere un “tripode” meccanico che meglio resiste alle forze di masticazione che nel settore latero posteriore sono molte alte in senso latero laterale oltrechè verticale. 

Bo Rangert, ingengnere meccanico prestato all’implantologia dimostrò che la presenza di tre impianti leggermente sfalsati tra loro in modo tale appunto da formare un tripode, riduce lo stress meccanico dal 100% nel caso di sue soli impianti separati da un elemento dentale intermedio , al 33%. 
Precisato che il numero di tre impianti costituisce il valore di ripristino ideale, non raramente i volumi ossei destinati a ricevere gli impianti sono al contrario molto ridotti ed insufficienti per consentirlo ed offrire buone basi all’inserimento degli impianti stessi. In questa evenienza abbiamo alcune possibilità terapeutiche. 
La prima e più importante da prendere in esame è un’attenta valutazione dell’area ossea che si trova immediatamente dietro al canino. Questa è assimilabile ad u triangolo, appunto cosidetto “Triangolo retrocanino” nel quale i lati ,o cateti, sono rappresentati dalla linea verticale che delimita la parte posteriore della radice del canino (linea nera) e dalla superficie basale del mascellare (linea azzurra) mentre l’ipotenusa (in rosso) è rappresentata dalla parete del seno mascellare.


Un attento esame ed un seguente attento utilizzo chirurgico di questo seppur esiguo volume osseo residuo, possono consentire l’inserimento di due impianti che risolvono l’edentulia latero parziale superiore con l’applicazione successiva di tre elementi dentali. Infatti deve essere sottolineato che se il canino è presente in arcata due impianti sono sufficienti per sostenere i tre elementi protesici  necessari al ripristino dei due premolari ed il primo molare necessari. Sono innumerevoli i pazienti trattati con successo presso questo studio nel corso degli ultimi trent’anni con questa tecnica  ed i cui risultati sono stati pubblicati in un articolo del 2009.(3)


mandibola
mandibola

One-Year Outcome of Implants Strategically Placed in the Retrocanine Bone Triangle.
Balleri P, Ferrari M, Veltri M. Clin Implant Dent Relat Res. 2009

Una serie di casi di edentulia latero parziale superiore risolti medianti l’utilizzo del Triangolo Retrocanino


Dopo sei mesi dall’innesto vengono inseriti gli impianti e dopo ulteriori sei mesi vengono applicati i denti in ceramica.


Edentulia latero parziale inferiore

 Occupiamoci adesso dell’Edentulia Laterale Posteriore Inferiore
Questo distretto come si è già accennato nell’introdurre la TAC Dental Scan, presenta importanti limiti chirurgici rappresentati in primo luogo dal nervo alveolare inferiore, responsabile della sensibilità dei denti dell’arcata inferiore e delle labbra, che corre all’interno del canale alveolare che dalla parte più posteriore della mandibola termina tra gli apici delle radici del primo e del secondo premolare nel forame mentoniero. Da questo il nervo alveolare inferiore fuoriesce prendendo il nome di nervo mentoniero sfioccandosi nei circostanti tessuti molli. Nella zona posteriore della mandibola , nella parte che è rivolta verso la lingua è presente un altro nervo a cui fare attenzione durante gli interventi chirurgici, il nervo linguale, responsabile della sensibilità tattile e gustativa della lingua. Altre strutture anatomiche presenti nella mandibola (o mascellare inferiore), sono alcune arterie e vene che corrono nella parte di essa che si affacia verso la lingua, correndo all’interno di concavità presenti su questo versante linguale .Il canale alveolare e le concavità del versante interno della lingua contenendo nervi ed arterie e vene che non possono essere lesionati devono essere individuate con esami radiologici dedicati quali l‘ortopantomografia e la Tac Dental Scan al fine di poter mettere in sicurezza le strutture in esse contenute durante l’inserimento degli impianti. 


bocca
 
La conoscenza dell’esatta anatomia della concavità interna della mandibola e del suo contenuto di strutture vascolari consente di evitare gravi complicanze operatorie.
Inoltre la Tac ci consente di valutare quanto osso è disponibile al di sopra del nervo alveolare al fine di inserire in esso gli impianti necessari. Anche nel trattamento dell’edentulia latero parziale inferiore vale la regola del tripodismo per cui tre è il numero di impianti previsti per risolverla. La condizione ideale per trattare l’Edentulia lateroparziale inferiore è rappresentata dalla perdita di tutti denti posteriormente al canino, ovvero dei due premolari e dei molari in quel tipo di edentulia che conosciamo come Seconda Classe di Kennedy.In questa condizione l’aspetto favorevole è costituito dalla perdita del primo premolare inferiore, il cosiddetto “quarto”. Come si è detto poco sopra, il nervo alveolare inferiore termina uscendo dal forame mentoniero dalla mandibola come appunto nervo mentoniero, tra le radici del secondo premolare, il “quinto” e del primo premolare , il “Quarto”. Se questo è assente significa che essendo tutta l’area ossea occupata da questo dente che si trova al davanti del forame mentoniero libera da limiti anatomici perché al suo interno non corre più nessuna struttura nervosa, è possibile inserire in essa un impianto più lungo possibile in piena sicurezza .Cosi, con un impianto il più lungo possibile inserito tra il foro mentoniero e la radice del canino, e due impianti anche di soli sette millimetri inseriti posteriormente nei volumi ossei presenti al di sopra del nervo alveolare è possibile completare il numero atteso di tre impianti necessari per soddisfare la regola del tripodismo.L’uso di impianti molto corti nela mandibola (per impianto “corto” si intende un impianto con una lunghezza minore di dieci millimetri) è necessario ogni volta che l’osso residuo disponibile al di sopra del nervo alveolare si sia ridotto ad altezze non superiori a dieci millimetri. Infatti l’inserimento di un impianto di sette millimetri richiede un’altezza ossea di almeno dieci millimetri al di sopra del nervo alveolare. 


Un impianto inserito nell’area libera da limiti anatomici compresa tra la tra la radice del canino ed il nervo mentoniero. Due impianti posteriori più corti completano il protocollo


denti
denti


Altro caso trattato

con le stesse modalità

 
Nel 2002 assieme ad altri Colleghi pubblicai i risultati di una ricerca che aveva per scopo quello di raccogliere i valori della stabilità implantare nei settori latero posteriori dopo un anno di carico. 
Balleri P. et al. Stability measurements of osseointegrated implants using Osstell in partially edentulous jaws after 1 year of loading: a pilot study. Clin Implant Dent Relat Res. 2002; 4 (3): 128-32. 
Allo scopo vennero selezionati 14 pazienti nei quali erano sati inseriti 45 impianti, 21 nel mascellare superiore e 24 nella mandibola. I livelli ossei crestali. Dopo un anno di carico vennero valutati i livelli di osso crestali e soprattutto, mediante uno strumento particolare, l’Analisi della Frequenza di Risonanza ,venne indagata la stabilità degli impianti prima e dopo un anno di carico. I risultati dimostrarono sorprendentemente che la stabiltà implantare dopo un anno di carico aumentava man mano che si procedeva dall’avanti all’indietro verso la parte posteriore dove generalmente i volumi ossei erano ridotti e conseguentemente gli impianti erano più corti.


denti grafico


Come riportato nell’istogramma gli impianti più corti presenti nella parte distale mostravano valori di stabilità mediamente più alti rispetto agli impianti più lunghi presenti nelle sedi  anteriori.

 
La mancanza del “quarto” permette di risolvere anche un gruppo di casi nei quali al di sopra del nervo alveolare l’osso residuo è cosi ridotto che non è possibile inserire nemmeno impianti corti. Infatti al davanti del nervo mentoniero e dietro al canino possiamo inserire, talvolta due ma sempre almeno un impianto, che unito con una modalità protesica particolare al canino ,( “cosiddetta doppia corona”) risolve l’edentulia in oggetto.

denti


rattamento bilaterale con due impianti in posizione “quarto” uniti protesicamente al canino che consentono un ripristino della masticazione fino al primo molare

denti


A destra un impianto nella sede del primo premolare unito protesicamente al canino.Nella sede controlaterale un trattamento classico con un impianto lungo davanti al forame mentoniero e due impianti corti al di sopra del nervo alveolare.

denti


Raramente l’area del “quarto” consente come in questo caso, per la sua limitatezza, l’inserimento di due impianti. Se questo è possibile il collegamento al canino, che rimane indipendente, non deve esser fatto.  

 
Volendo riassumere in alcune parole chiave il trattamento dell’Edentulia Latero parziale Inferiore al primo posto compare

a) Obbligatorietà di eseguire sempre una TAC Dental Scan prima di intervenire chirurgicamente nei segmenti ossei presenti al di sopra del nervo alveolare  
b) Studio radiologico del decorso del canale alveolare e della presenza delle concavità linguali
c) Presenza o meno del primo premolare (“quarto”). La sua assenza consente la modalità più semplice di trattamento
d) Uso degli impianti corti 

Bibliografia edentulia latero parziale  

1)Kowar J.,Eriksson A., Jemt T.,  Clin Impl Dent and Rel Res,

Fixed Implant-Supported Prostheses in Elderly Patients:

A 5-Year Retrospective Comparison between Partially and Completely Edentulous Patients Aged 80 Years or Older at Implant Surgery

2)Kassolis JDK  Bone 2010 Jul;47(1):127-30.

Histopathologic findings in bone from edentulous alveolar ridges: a role in osteonecrosis of the jaws?

3)Balleri P, Ferrari M, Veltri M.   Clin Implant Dent Relat Res. 2009

One-Year Outcome of Implants Strategically Placed in the Retrocanine Bone Triangle.

4)Boyne PJ, James RAGrafting of the maxillary sinus floor with autogenous marrow and bone. J Oral Surg. 1980 Aug;38(8):613-6.

5)Tatum H Jr. Maxillary and sinus implant reconstructions.

Dent Clin North Am.1986 Apr;30(2):207-29.

6)Kent JN, Block MS Simultaneous maxillary sinus floor bone grafting and placement of hydroxylapatite-coated implants. J Oral Maxillofac Surg.1989 Mar;47(3):238-42. Wood RM Moore DL Grafting of the maxillary sinus with intraorally harvested autogenous  bone prior to implant placement.  Int J Oral Maxillofac Implants 1988 ;3(3):209-14)

7)Misch C.M. Use of the mandibular ramus as a donor site for the onlay bone grafting J Oral Implatol 2000; 26 (1): 42-9

8)Clavero J, Lundgren S.  Ramus of Chin Grafts for Maxillary Sinus Inlay and Local Onlay Augmentation: Comparison of Donor Site Morbidity and Complication Clinical Implant Dentistry and Related Research vol. 5 n° 3 2003)

9)Stefan Lundgren ,Sten AnderssonLars Sennerby

Clin Implant Dent Relat Res. 2003;5(2):78-81. Spontaneous bone formation in the maxillary sinus after removal of a cyst: coincidence or consequence?

10)Stefan Lundgren , Sten AnderssonFederico GualiniLars Sennerby Implant Dent Relat Res. 2004;6(3):165-73.Bone reformation with sinus membrane elevation: a new surgical technique for maxillary sinus floor augmentation

11)Stefan LundgrenGiovanni CricchioVinicius C PalmaLuiz A SalataLars Sennerby

Periodontol 2000 , 2008;47:193-205.Sinus membrane elevation and simultaneous insertion of dental implants: a new surgical technique in maxillary sinus floor augmentation


12)Aditi Rawat , Himanshu Thukral Anson Jose  Ann Maxillofac Surg . Jan-Jun 2019;9(1):96-102.  Indirect Sinus Floor Elevation Technique with Simultaneous Implant Placement without Using Bone Grafts

13)Stefan LundgrenMats SjöströmElisabeth NyströmLars Sennerby  Periodontol 2000 . 2008;47:143-61.Strategies in reconstruction of the atrophic maxilla with autogenous bone grafts and endosseous implants

14)Balleri P, Veltri M, Nuti N, Ferrari M,. Clin Implant Dent Relat Res. 2010 Dec 22

Implant placement in combination with sinus membrane elevation without biomaterials: A one-year study on 15 patients.



Monoedentulia

La MONOEDENTULIA, ovvero la sostituzione con un impianto di un solo dente

La perdita di un solo dente e la necessità di un suo ripristino costituisce un evento estremamente frequente. Non esistono nella enorme letteratura scientifica su questo argomento, dati che ci informino sull’entità numerica di questo evento clinico.

Nella pratica clinica emerge in maniera consolidata quanto segue:

 

A) la grande prevalenza che la perdita di un solo dente ha nella giovane età, almeno entro i cinquant’anni.

B) il grande impatto sui valori estetici in quanto si verifica con  grande frequenza  a carico dei premolari ed incisivi centrali e laterali superiori.

C) la causa della perdita di un solo dente è nella maggioranza dei casi il fallimento di un trattamento endodontico, ovvero di una devitalizzazione che come accade frequentemente, si complica con la frattura del dente devitalizzato. Spesso consegue ad un trauma dentale che ha determinato la perdita immediata o tardiva di un dente del settore incisale. Può conseguire inoltre ad una mancata formazione, l’agenesia, che colpisce spesso gli incisivi laterali superiori.

D) la perdita di un singolo molare, che con enorme frequenza è causata da una frattura verticale di un dente devitalizzato, assume  dignità autonoma. In questo caso si parla infatti di perdita del “molare” da distinguersi in molare superiore ed inferiore in quanto pongono diverse e spesso non semplici modalità di trattamento.

E) la necessità di valutare attentamente le caratteristiche della sede da trattare relativamente al volume osseo disponibile per l’impianto ed alla presenza o meno di infezioni ossee in essa od a carico dei denti vicini.

F) molto spesso il trattamento della monoedentulia con modalità implantare richiede un approccio interdisciplinare con competenze specialistiche di tipo non solo chirurgico ma anche conservativo-endodontico, parodontale, protesico,ortodontico.

Per tutti questi motivi la perdita di un solo dente rappresenta sempre una sfida per l’operatore e crea ovviamente nel paziente delle attese di risultato molto elevate. La scelta ideale per il ripristino della funzione estetica e funzionale che consegue alla perdita di un solo dente, sia esso un incisivo od un molare, è certamente rappresentata da un impianto endosseo il quale consente di evitare il costo biologico del coinvolgimento e della preparazione dei denti vicini per costruire un ponte protesico secondo i dettami dell’odontoiatria classica. Tuttavia in alcune situazioni particolari il terapeuta può decidere in questo senso quando le condizioni di trattamento mediante un impianto si rivelino troppo complesse e soprattutto poco predicibili.

Esposito ci ha consegnato nel 1998 (1) a seguito di indagini metanalitiche la percentuale attesa di fallimento nel caso di un singolo impianto

781 Standard Brånemark Impianti inseriti

19 Impianti Falliti Implant Failures

2.4% Fallimenti

E’ evidente che una percentuale di fallimenti del 2,4% è indice di un trattamento molto affidabile e predicibile, almeno in termini funzionali. 

Esaminiamo insieme alcuni casi che ci consentiranno di precisare alcuni concetti base:

Nel 1994 una paziente di 28 anni subì la frattura dell’incisivo centrale superiore sinistro precedentemente trattato endodonticamente

Un caso analogo al precedente.

Una giovane signora di ventotto anni subisce nel 1996 la frattura dell’incisivo centrale superiore destro

in precedenza trattato endodonticamente


Perdita del valore estetico a carico dell’incisivo laterale superiore destro in una signora di 39 anni. E’ il 2000

Ad una attenta valutazione clinica e radiografica il moncone radicolare viene ritenuto non in grado di sostenere una nuova corone protesica. Si decide pertanto per l’estrazione e per l’inserimento di un impianto osteointegrato

La sede dell’estrazione. La radiografia mostra la presenza di residui di cemento endodontico nella sede di estrazione che verranno rimossi nella successiva fase di inserimento dell’impianto

Dopo sei mesi dall’inserimento vengono raccolte le impronte per la realizzazione del moncone protesico, del provvisorio e della corona protesica in metallo ceramica. L’eccesso di cemento endodontico non è più presente


Nel 2017 la papilla interdentale tra incisivo laterale ed incisivo centrale è ulteriormente migliorata


Il prossimo caso che presentiamo consiste nella perdita dell’incisivo centrale superiore destro in una bambina di dodici anni avvenuta a seguito di in trauma dentale cadendo di bicicletta nel luglio del 1997. 



La bambina nell’incidente subì l’avulsione traumatica dell’incisivo centrale superiore sinistro, condizione classificabile come Quinta Classe di Ellis nell’ambito dei traumi dentali.


Nonostante la piccola paziente giungesse alla nostra attenzione dopo due giorni venne comunque programmato un immediato reimpianto del dente nel suo alveolo dopo averlo ovviamente decontaminato e aver proceduto alla rimozione del contenuto pulpare ormai necrotico e sigillatura dello spazio endodontico con Guttapercha



Radiograficamente è visibile il trattamento endodontico dell’incisivo laterale sinistro coinvolto anch’esso nel trauma. Sono visibili inoltre i dispositivi ortodontici necessari pe la sua estrusione al fine di recuperare l’ampiezza biologica, ovvero al fine di mantenere tre millimetri di tessuto dentale sano oltre il margine gengivale

Immagini radiografiche successive è possibile seguire negli anni l’evoluzione del dente reimpiantato. Nel corso degli la radice dell’incisivo centrale è andata in contro ad un progressivo riassorbimento per un atteso fenomeno di anchilosi. 



L’anchilosi è un processo biologico infiammatorio che si verifica una volta che le fibre del legamento parodontale sono andate in necrosi e la superficie del cemento che ricompre la radice viene in contatto diretto con l’osso alveolare. In questa circostanza si attiva nei macrofagi una differenziazione in senso osteoclastico e dentino clastico che in pochi anni, talvolta in pochi mesi, porta al completo riassorbimento della radice e quindi alla sua scomparsa






La sede l’incisivo centrale ormai edentula. La rdiografia mostra l’area destinata a ricevere l’impianto libera da patosi e da tracce di guttapercha residua. E’ visibile un Maryland Bridge allestito come provvisorio.



Visione clinica del Maryland bridge cementato con tecnica adesiva ed immagine tomografica tridimensionale per valutare lo spessore bucco palatale utile all’inserimento dell’impianto che fu valutato come sufficiente benchè esiguo. A tal proposito deve essere sottolineato che la letteratura consiglia, quando è disponibile un volume di osso residuo utile all’inserimento di un impianto, di evitare tecniche di innesto osseo in quanto un aumento dei volumi ossei non migliora la prognosi estetica (3)



Sono necessarie relativamente a questo caso alcune considerazioni. In primo luogo la decisione di procedere comunque al reimpianto del dente avulso nonostante fossero trascorsi due giorni e fosse pertanto certa la necrosi delle fibre parodontali, è stata premiante in quanto i fenomeni di anchilosi si sono affermati nel corso di circa dieci anni il che ha permesso alla paziente di raggiungere la maturità scheletrica e quindi di poter ricevere un trattamento implanto protesico.

Se infatti come abbiamo visto nella sezione dedicata all’edentulia completa non esiste un limite temporale in alto in quanto possiamo trattare con impianti anche pazienti di ottanta e più anni esiste un limite temporale “in basso” ovvero non possiamo eseguire impianti in pazienti che non abbiano raggiunto la maturità dello sviluppo scheletrico. In termini generali possiamo dire che per le femmine il limite oscilla intorno ai diciotto anni mentre per i maschi è spostato in avanti di due anni. Se viene praticato un impianto prima di questo evento si rischia che rimanga in posizione infraocclusa , ovvero più in alto  o più in basso rispetto alla posizione dei denti permanenti. Questo accade perché l’impianto non segue la crescita ossea in senso tridimensionale del mascellare rimanendo nella sede di inserimento.


Nelle immagini sottostanti risulta evidente che l’impianto non segue la crescita scheletrica residua e rimane in posizione arretrata rispetto ai denti che si allontanano



Pertanto è necessario qualora si debbano trattare pazienti giovani come nel caso dei post traumatici, avere la certezza dell’avvenuta maturità chiedendo ad un centro di radiologia di verificare attraverso la maturazione dei nuclei di ossificazione del carpo, ovvero del polso della mano, se questa è effettivamente avvenuta o meno. In caso di risposta positiva si può procedere all’intervento inserendo l’impianto altrimenti è necessario attendere ancora.



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